LOGOPEDIA

Prima di parlare dei disturbi e delle patologie del linguaggio, è bene fare una piccola introduzione ad uso delle coppie genitoriali, affinchè sia semplice focalizzare un problema che è in realtà molto complesso. Non è nostra intenzione avviarvi ai principi della neuropsicologia, poiché il linguaggio e la comunicazione verbale sono una funzione superiore estremamente complessa, che prevede senz’altro una serie di componenti neurologiche, cognitive, psicologiche, culturali, sociali, etc. Cercheremo tuttavia di semplificarvi l’accesso alle parole diagnostiche senza peraltro svilire e sminuire le patologie stesse e gli studiosi e clinici che dedicano la loro esistenza a definirle e ad approfondire percorsi di riabilitazione/facilitazione. Elenchiamo, pertanto, qualche definizione tra i deficit più comunemente evidenziabili (anche in percentuale sulla popolazione). Volutamente evitiamo di citare alcune patologie più gravi e rare in modo da non incorrere in auto convincimenti circa la presenza di tali disturbi, da parte dei genitori e/o neofiti:

– DISLALIA (definizione ancora in auge ma ormai scorretta ed obsoleta) altrimenti detta “Deficit Fonetico” o “Disturbo specifico di linguaggio di tipo fonetico”;

– RITARDO DI LINGUAGGIO caratterizzato da scorrettezza della struttura della frase a vari gradi, parziale struttura, etc…

DISLALIE

Ma quanto è carino il mio bimbo che dice “apettami” invece di “aspettami”! Quanto me lo strofinerei sul naso quel musino paffuto e profumato che parla come un cartone animato! Ma che carina la pubblicità della nota marca di aspirapolvere nella quale il bambino dice: “Mamma guarda il ciumo!”, invece di “fumo”!

Già…

Poi l’insegnante della scuola dell’infanzia ferma un giorno la mamma dicendole che questo modo di parlare è degno d’attenzione da parte di uno specialista e, non solo non è “carino”, ma non è comune alla maggior parte dei bimbi di quell’età!

Le conseguenze?

Beh, innanzitutto il bambino impara a scrivere come parla, e questo potrebbe rappresentare un problema alla scuola primaria. Secondariamente questo bimbo ha spesso bisogno di un interprete che traduca correttamente ciò che sta dicendo e questo, indipendentemente dall’illogicità situazionale, crea dipendenza con altri soggetti, adulti o bambini che siano. Prima o poi tale modo grazioso di parlare susciterà derisione da parte di qualcuno e, quindi, ne scaturirà una mortificazione che potrà condurre ad isolarsi, a parlare meno e addirittura a comportamenti di aggressione e avversione.

COSA SI FA?

Inquadramento logopedico che non solo prevede la somministrazione di test che pongano un livello di maturazione neuro-motorio bucco-facciale verso i suoni che costituiscono la lingua italiana ma anche che determino la tipologia dell’errore fonetico sia in eloquio spontaneo che in ripetizione. Si stabilisce l’eventuale presenza di vizi e abitudini orali scorrette che possono rallentare lo sviluppo motorio buccale come, per esempio, la presenza di oggetti suzionali (biberon, accettabile fino a 15-20 mesi, succhiotti accettabili fino a 36 mesi solo per l’addormentamento, dito, mai accettabile e quindi abitudine da affrontare a volte anche con lo psicologo poiché si tratta di un problema di attaccamento che deve evolvere positivamente, cibi ancora troppo frullati, omogeneizzati e comunque eccessivamente semplici da masticare, etc.)

QUANTO TEMPO CI VORRÀ?

Dipende dalla gravità della diffusione del deficit fonetico e quindi impossibile da definire. Sempre con frequenza monosettimanale, il percorso può avvalersi di un ciclo di poche sedute fino a qualche mese. Anche in questo caso è abitudine dei nostri specialisti coinvolgere la famiglia con piccole ripetizioni domiciliari, giochi fonetici ed articolatori, giochi percezionali e di memoria fonologica.

RITARDI DEL LINGUAGGIO

Cinque/sette bambini su cento evidenziano nei primi anni di vita, un ritardo di linguaggio che, come tutti i disturbi, se trascurato, può creare problematiche nella competenza delle maturazioni globali, nell’apprendimento e, a lungo andare, anche nella maturazione cognitiva. È importante intervenire nella fascia d’età prescolare non solo tramite un percorso di tipo logopedico ma, spesso, con un aiuto multi sfaccettato suggerito dalle ipotetiche causanti che possono aver provocato un esordio linguistico tardivo o un vero e proprio ritardo di linguaggio. Un ritardo di linguaggio può avere molteplici causanti che, sempre in modo estremamente schematico e semplice, possiamo in tal modo elencare:

 

ANTICIPAZIONE/SOSTITUZIONE. Si tratta di bambini che, ai primi tentativi di produrre parole e/o abbozzi di semplici frasi, vengono anticipati dall’adulto. Questo può causare un atteggiamento di rinuncia nel bimbo: con poca fatica (è l’adulto che anticipa le mie parole) può ottenere il massimo risultato (Ottengo comunque quello che desidero).

IMMATURITÀ, PROBLEMI RELAZIONALI e/o SIMBIOTICI. Questi ritardi hanno, com’è ovvio, causanti di tipo psicologico e maturativo e di conseguenza verranno affrontati prioritariamente e/o parallelamente con specialisti psicologi e psicoterapeuti.

PROBLEMI ORGANICI. Si tratta di soggetti che hanno già una diagnosi di tipo organico, cioè legata al corpo, e quindi presentano patologie legate al sistema nervoso centrale o periferico, sindromi, patologie che determinano rallentamenti o blocchi dello sviluppo motorio, psicomotorio, cognitivo. Senz’altro, giungendo dal logopedista, tali famiglie hanno già avuto comunicazione di diagnosi. Anche in questo caso, ritengo sia indispensabile intervenire precocemente, poiché sappiamo già che la patologia esiste e causerà un ritardo o una limitazione degli obiettivi raggiungibili. Proprio per questo, già con un intervento educativo genitoriale (come mi devo comportare di fronte ad un tentativo di verbalità, come fare a migliorare la stimolazione all’uso, come migliorare le relazioni, etc.), si interviene precocemente stabilendo comunque tempi e modalità opportune.

BILINGUISMO in situazione di famiglie immigrate oppure in situazione di adozione tardiva, quindi in età post-linguistica.

DEFICIT SOCIO-CULTURALE che sfocia poi nella deprivazione di stimolazioni.

CAMPANELLI D’ALLARME Se il bimbo, entro il primo anno d’età, sembra perso nel suo mondo, usa poco la voce che non è melodica ma monotona, non compaiono le paroline, oppure compaiono ma poi è come se le dimenticasse o come le avesse usate in modo casuale, può essere il segnale che qualcosa non va.

Se, entro il secondo anno, le frasi non iniziano ad assemblarsi in due paroline magari con un sostegno gestuale e/o mimico del viso, se il vocabolario è molto ridotto e sembra che il bambino non impari nuove paroline, se usa parole inventate (neologismi, come: “bubusedi” per /bere/), allora è consigliabile effettuare un inquadramento logopedico, anche solo per avere rassicurazioni e per avere consigli su come procedere per stimolare maggiormente il bimbo.

Se entro il terzo anno il vocabolario è ridotto, fatto di pochi termini spesso incomprensibili, se la mamma deve intervenire con altre persone estranee alla famiglia come un interprete, se le frasi sono incomplete, se i termini vengono posposti (per esempio la negazione, “pace no” invece di “non mi piace”), allora è senz’altro indicato un inquadramento in modo da permettere al logopedista e/o ad altri specialisti di intervenire con la modalità e la tempistica adeguata ad evitare che si installi un problema che trascinerebbe dietro di sé tutta una serie di dismaturanze.

COSA FARE?

Innanzitutto niente panico. Nel momento in cui la mamma si rivolge al logopedista, si troverà di fronte la persona più adeguata a svolgere l’osservazione che coinvolge non solo l’aspetto di produzione verbale e quindi il linguaggio, ma saprà valutare con attenzione tutto il corollario comunicativo e comportamentale legato al linguaggio e alla comunicazione, affinchè si metta in atto anche il supporto multi specialistico adeguato.  Non sempre di fronte ad un ritardo di linguaggio il primo specialista ad intervenire è il logopedista. Spesso è necessario condurre il bambino verso una maturazione adeguata (tramite terapia di psicomotricità o appoggio psicologico/psicoterapico) che possa permettere di accostarsi alla terapia logopedica in maniera serena e proficua. Sarebbe impossibile descrivere le tipologie di trattamento e gli strumenti, i percorsi, le modalità che vengono usati per effettuare tale tipo di rieducazione. L’apprendimento del bambino passa attraverso l’esperienza del gioco e l’imitazione, e sarà attraverso il gioco che verranno affrontate le esigenze di cura del bimbo con ritardo di linguaggio.

Cari genitori, pertanto, non pensiate che il vostro bimbo nella stanza con la logopedista o la psicomotricista o la psicologa giochi soltanto!

Appunto! Gioca soltanto e quindi impara, matura, cambia, si sviluppa, ricorda e memorizza.

A voi è dato di sapere che tutti i percorsi ludici che vengono proposti sono studiati e mai casuali. Studiati sulle necessità del piccolo e abbastanza liberi da poter essere modificati cammin facendo sulla base delle proposte personali del bimbo.

QUANTO TEMPO CI VORRÀ?

La situazione rieducativa di un Ritardo di Linguaggio non è mai a breve risoluzione anche perché il quadro da definire ed indagare è sempre complesso e plurisfaccettato con l’eventualità quasi costante di sottoporre il bambino non solo alla logopedia. Personalmente siamo sempre del parere che una seduta settimanale sia di logopedia che di psicomotricità o psicoterapia siano accettabili anche se i casi vanno definiti di volta in volta. Oltre a ciò, vi sarà senz’altro un coinvolgimento della scuola coordinata, negli obiettivi da raggiungere, dai nostri terapisti e specialisti. Inoltre il nostro centro coinvolge sempre tutte le persone che attorniano il bambino: genitori, nonni, baby sitter. Questo permetterà senz’altro di evitare contraddizioni in ambito educativo e comportamentale, evitando quindi le vanificazioni di intenti e propositi. Soprattutto si può approfittare del tempo passato con il proprio bimbo per continuare efficacemente la stimolazione alla comunicazione corretta, si impara a sollecitare il suo linguaggio senza che il piccolo sia senta costantemente sotto pressione e sotto esame, si impara a suggerire attività di gioco che siano estremamente costruttive e finalizzare alla relazione, allo scambio, alla verbalità e allo sviluppo delle esperienze e dell’apprendimento.

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