La psicoterapia ha luogo là dove si sovrappongono due aree di gioco, quella del paziente e quella del terapeuta. La psicoterapia ha a che fare con due persone che giocano insieme. Il corollario di ciò è che quando il gioco non è possibile, allora il lavoro svolto dal terapeuta ha come fine di portare il paziente da uno stato in cui non è capace di giocare ad uno in cui ne è capace (Winnicott, 1971, Gioco e realtà).

Questa citazione riassume in poche righe quello che è il lavoro psicoterapeutico con i bambini: fare in modo che, attraverso il gioco, i piccoli pazienti siano in grado di simbolizzare i propri vissuti di sofferenza, trovando un modo per poterli metabolizzare all’interno di una relazione significativa con un adulto.
D’accordo con Winnicott, celebre psicoanalista infantile, pensiamo che i genitori fanno il possibile per poter sostenere ed aiutare il loro bambino, ma può succedere che quello che papà e mamma affrono non è quello che serve al piccolo.
Il percorso terapeutico permette perciò al piccolo di poter portare la sua sofferenza in uno spazio pronto ad accoglierla e a proporre degli strumenti che portino ad un maggior benessere.
All’interno di una visione relazionale, si può anche decidere di lavorare direttamente con i genitori: il presupposto è che cambiando un polo della relazione, inevitabilmente muta anche l’altro.